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  • Immagine del redattoreDott.ssa Ilaria Fabiano

„Non essere completamente vivi nel presente mantiene saldamente imprigionati nel passato“


Dopo molti anni di esperienza nel trattamento degli effetti della violenza domestica, ho cercato un modello di cura e di salute che ponga attenzione sulla TRASFORMAZIONE della relazione con sè stessi e quindi con gli altri.


Sentimenti cronici di vergogna, disprezzo per sè stessi, ansia da separazione, paura dell’abbandono, comportamenti di tossicodipendenza o auto-distruttivi, incapacità di auto-consolarsi o prendersi cura di sè, paura della felicità o auto-commiserazione sono solo alcuni dei sintomi che possono essere collegati non necessariamente ad uno specifico evento traumatico, ma ad un disturbo dell’attaccamento interno, che riflette l’attaccamento traumatico della prima infanzia.


Cos’è l’attaccamento traumatico e come si vede?


Le persone lamentano di sentirsi alienate, in conflitto, oscillano tra l’aggrapparsi ansiosamente agli altri e l’allontanarli; oppure si trovano ad odiare sè stessi o a non sopportare i difetti degli altri; desiderano intensamente sentirsi amati, sicuri, accolti ma hanno paura dell’intimità; sperano di essere notati e nello stesso tempo di essere invisibili; hanno comportamenti impulsivi, autolesionistici o di tossicodipendenza, che hanno quindi lo scopo di diminuire l’intensità degli affetti traumatici e portano ad un ottundimento corporeo ed emotivo.

Tali comportamenti impulsivi (i disturbi dell’alimentazione, i comportamenti di dipendenza da sostanza, le tendenze suicide, e l’autolesionismo) sono tentativi disperati di sopravvivere, un modo per tollerare la vergogna, il disprezzo di sè, la rabbia e la paura, di limitare i flashback e gli incubi, per calmare un sistema nervoso disregolato a causa di esperienze infantili sfavorevoli.

Se il marchio distintivo dell’attaccamento traumatico è un’inversione dei ruoli in cui l’oggetto della sicurezza ( la figura del genitore) diviene l’oggetto della paura e una minaccia alla sopravvivenza, qualsiasi relazione intima successiva evocherà segnali di pericolo ( il desiderio di attaccamento entrerà in conflitto con la memoria implicita del tradimento e dell’abbandono, realmente accaduti).

Nel modello che propongo l’attaccamento sicuro guadagnato ( Siegel, 1999) è il risultato della crescente abilità del cliente di creare un legame con i propri sè infantili feriti, considerandoli come bambini innocenti che meritavano le cure affettuose di un adulto compassionevole ma non le hanno mai ricevute.


A questo punto, ci si può domandare: perchè non ricordo il trauma o queste esperienze infantili traumatiche?

Perchè le esperienze di attaccamento avvengono in un’età molto precoce, quando la mente non ha ancora la capacità di narrare verbalmente gli eventi e di memorizzarli nella memoria esplicita attraverso la narrazione. Quindi, le esperienze si sedimentano nella memoria implicita sottoforma di sensazioni corporee, di sentimenti impliciti ecc.


Quindi, quando i ricordi sono costituiti da sentimenti impliciti, sensazioni corporee, cambiamenti nell’attivazione, comportamenti impulsivi e disregolati guidati da parti di sè infantili..


.. come si fa ad elaborare i ricordi???


Dalla mia esperienza, ho capito che piuttosto che focalizzarsi sulla desensibilizzazione delle memorie connesse al trauma, è meglio dare priorità alla TRASFORMAZIONE degli stati connessi al trauma attraverso la coltivazione di nuove esperienze. Le teorie moderne a proposito della memoria sottolineano che il cervello sembra essere organizzato per aggiornare e riscrivere le esperienze passate, integrandole con eventi precedenti e successivi. Invece di concentrarsi sullo sviluppo di una narrazione del trauma, si suggerisce ai clienti di riscrivere le loro storie „autosabotanti“ e creare una storia di guarigione che permetta loro di attribuire un significato a quel che è successo ( Meichenbaum, 2012).


Ho scelto una modalità di cura per scendere a patti con il trauma e l’attaccamento traumatico che fosse avvertita come risanante; che parlasse di sopravvissuti invece che di vittimizzazione; che creasse calore e sentimenti piacevoli nel corpo invece che sensazioni terrificanti.


Inaccettabile per me il fatto che l’elaborazione del trauma debba essere tanto spaventosa e soverchiante quanto le esperienze precoci stesse!




Fonti: Bessel Van der Kolk: " Il corpo accusa il colpo" ( 2015); Janina Fisher " Guarire la frammentazione del sè" ( 2017)







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